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La Resistenza fu qualcosa di più e di diverso dall'antifascismo, sostiene Noventa in questo libro provocatorio, scritto quando l'esperienza della guerra di Liberazione si era appena conclusa. La Resistenza, insomma, per come la vedeva lo scrittore e poeta veneto, rappresenta un momento catartico nella storia d'Italia, un rinnovamento profondo del suo modo di essere e di percepirsi. Un'idea, la sua, che non poteva risultare gradita in una fase storica in cui l'antifascismo si apprestava a diventare il nuovo rito civile, conformista come tutti i riti, del Paese. Se l'antifascismo è "moralismo", la Resistenza, che vuole rompere coi vecchi vizi nazionali, "è virtù morale e politica". Nessuno dei nuovi partiti avrebbe dovuto cadere in un vizio che fu del regime, ergersi cioè a "partito degli onesti, dei patrioti, degli amici del popolo". Parole affilate rivolte in particolare al Pci di Togliatti che rivendica a se stesso "le qualità dei santi e dei guerrieri di Dio". Divenendo così "l'intimo nemico della Resistenza".